𝗨𝗻 𝘀𝗲𝗻𝘀𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗺𝘂𝗻𝗶𝘁𝗮̀, 𝗴𝗿𝗮𝘇𝗶𝗲 𝗮𝗹 𝘁𝗲𝗮𝘁𝗿𝗼, Marco Baliani

 di Marco Baliani (Post Facebook del 23/06/2025)

Alcune settimane fa, a Lido Adriano, alle porte di Ravenna, in prossimità del mare, ho assistito a un esperimento di teatro totale che mi ha colpito ed entusiasmato. Ho detto “esperimento” perché ciò che veniva mostrato non era una rappresentazione definita in termini spettacolari ma un processo di lavoro in corso, i partecipanti erano consapevoli di quello che avevano creato nel tempo fino a quel momento, ma allo stesso tempo producevano una sensazione di stupefatta attenzione a quello che stava accadendo come se in ogni istante tutta la complessa presenza di corpi e voci potesse generare ancora altre scoperte impreviste.

Non era una forma di animazione teatrale e neppure uno spettacolo compiuto anche se a tratti entrambe queste possibilità formali potevano coesistere.

Per raggiungere una simile coesione Luigi Dadina, Lanfranco Vicari e il gruppo dei conduttori drammaturghi attori musicisti (anche questi ruoli non erano definiti ma come “prestati” al lavoro concreto da svolgere) hanno dovuto faticare non poco, ma anche la fatica evidente nel tenere insieme una così variegata comunità diveniva parte concreta del momento performativo.

Si sentiva comunque presente la tradizione del lavoro pedagogico del Teatro delle Albe, una base di esperienze da cui far scaturire e portare a compimento questa impresa con un numero così esorbitante di persone. 

𝐏𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐚 𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐢 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐢𝐯𝐚𝐧𝐨 𝐬𝐩𝐥𝐞𝐧𝐝𝐢𝐝𝐢 𝐚𝐭𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐞 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐢𝐜𝐢 𝐦𝐚 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐝𝐢 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐨 𝐫𝐞𝐬𝐭𝐚𝐯𝐚𝐧𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐞, 𝐚𝐧𝐳𝐢𝐚𝐧𝐢, 𝐠𝐢𝐨𝐯𝐚𝐧𝐢, 𝐛𝐚𝐦𝐛𝐢𝐧𝐞, 𝐛𝐚𝐦𝐛𝐢𝐧𝐢 𝐝𝐨𝐧𝐧𝐞 𝐦𝐚𝐝𝐫𝐢 𝐧𝐨𝐧𝐧𝐞 𝐞 𝐭𝐚𝐧𝐭𝐢 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐧𝐢𝐞𝐫𝐢, 𝐨𝐠𝐧𝐮𝐧𝐨 𝐦𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐞 𝐚𝐠𝐞𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐫𝐢𝐚 𝐞𝐭𝐧𝐢𝐚 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨 𝐠𝐞𝐬𝐭𝐢 𝐜𝐨𝐫𝐩𝐨𝐫𝐞𝐢 𝐞 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐯𝐞𝐯𝐚𝐧𝐨 𝐥𝐚 𝐧𝐞𝐜𝐞𝐬𝐬𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐭𝐭𝐞, 𝐜𝐨𝐧 𝐥𝐚 𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐮𝐫𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐝𝐢 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐜𝐢. Ecco, c'era in tutti una necessità prepotente in ogni atto compiuto, nei canti per esempio che, a partire dal gruppo musicale davvero stupendo, dalle voci dei cantanti, dal rap struggente alle melodie etniche della voce femminile, divenivano di colpo patrimonio del grande coro.

l gruppo dei bambini assorbiva il mio sguardo, dicevano, con la certezza di aver compreso cosa stavano proponendoci, pezzi filosofici di grande spessore umano ed esistenziale perché la sorpresa ancora più grande e folle era che ci stavano narrando le vicende ancestrali del poema indiano della Bhagavadgītā, una struttura narrativa complessa e affascinante, 𝐞 𝐢𝐥 𝐜𝐞𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐚𝐯𝐞𝐯𝐚 𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐟𝐚𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐥 𝐬𝐞𝐧𝐬𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐠𝐮𝐞𝐫𝐫𝐚, 𝐥𝐚 𝐥𝐨𝐭𝐭𝐚 𝐭𝐫𝐚 𝐟𝐫𝐚𝐭𝐞𝐥𝐥𝐢, 𝐥𝐚  𝐝𝐢𝐟𝐟𝐢𝐜𝐢𝐥𝐞 𝐚𝐜𝐜𝐞𝐭𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐝𝐨𝐥𝐨𝐫𝐞, 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐞𝐫𝐝𝐢𝐭𝐚 𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐨𝐥𝐞𝐧𝐳𝐚, 𝐭𝐞𝐦𝐢 𝐞𝐧𝐨𝐫𝐦𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐭𝐫𝐚𝐧𝐬𝐢𝐭𝐚𝐯𝐚𝐧𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐨̀ 𝐜𝐨𝐧 𝐥𝐚 𝐥𝐞𝐠𝐠𝐞𝐫𝐞𝐳𝐳𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐬𝐜𝐞𝐧𝐞, 𝐜𝐨𝐧 𝐢𝐥 𝐜𝐚𝐦𝐛𝐢𝐨 𝐫𝐞𝐩𝐞𝐧𝐭𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐟𝐨𝐫𝐦𝐞, 𝐩𝐞𝐫 𝐜𝐮𝐢 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐢𝐯𝐚 𝐮𝐧 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐞𝐧𝐢𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐞 𝐢𝐬𝐭𝐚𝐧𝐳𝐞, 𝐟𝐚𝐜𝐞𝐧𝐝𝐨𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐜𝐢𝐩𝐢𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐧𝐞𝐥 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨, permettendo così di parlare del fiume che esonda, della guerra in Ucraina, dei barconi alla deriva, di Gaza e della Palestina, del senso stesso del nostro vivere sociale. 

Una giovanissima ragazza ucraina mi ha fatto rabbrividire per la necessità straripante di ricordare i nomi dei paesi da cui era dovuta fuggire senza riuscire a festeggiare il compleanno della nonna. 

Un uomo, vestito come fosse Gandhi, tentava di ricordarci, parlando con cadenza romagnola, di come sia difficile la strada della non violenza, della rinuncia ad odiare e poi di colpo si metteva a ballare insieme al coro dietro di lui, appena l'orchestra diventava una balera estiva.

𝐔𝐧 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐨 𝐚 𝐜𝐢𝐞𝐥𝐨 𝐞 𝐬𝐩𝐢𝐫𝐢𝐭𝐨 𝐚𝐩𝐞𝐫𝐭𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐜𝐞𝐧𝐬𝐮𝐫𝐚𝐯𝐚 𝐥𝐞 𝐝𝐞𝐛𝐨𝐥𝐞𝐳𝐳𝐞 𝐞 𝐠𝐥𝐢 𝐢𝐦𝐩𝐚𝐜𝐜𝐢 𝐦𝐚 𝐥𝐢 𝐦𝐞𝐭𝐭𝐞𝐯𝐚 𝐢𝐧 𝐠𝐢𝐨𝐜𝐨, 𝐜𝐡𝐞 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐥𝐢̀ 𝐬𝐭𝐚𝐯𝐚𝐧𝐨 𝐠𝐢𝐨𝐜𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐚𝐥 𝐭𝐞𝐚𝐭𝐫𝐨 𝐞 𝐥𝐨 𝐠𝐢𝐨𝐜𝐚𝐯𝐚𝐧𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐧𝐨𝐢. 𝐔𝐧 𝐬𝐞𝐧𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐢𝐭𝐚̀ 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐢 𝐟𝐨𝐫𝐦𝐚𝐯𝐚 𝐠𝐫𝐚𝐳𝐢𝐞 𝐚𝐥 𝐭𝐞𝐚𝐭𝐫𝐨, 𝐚𝐥 𝐫𝐢𝐭𝐫𝐨𝐯𝐚𝐫𝐬𝐢 𝐞 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐫𝐬𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐥 𝐭𝐞𝐚𝐭𝐫𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐦𝐞𝐭𝐭𝐞. 

E per ultimo, mi ha fatto piacere vedere tra il pubblico il nuovo sindaco di Ravenna, appena eletto, con la sua famiglia, un segnale per niente scontato di questi tempi, segno di una ricerca necessaria di comunità che questa città sembra proprio voler perseguire. 

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𝐁𝐡𝐚𝐠𝐚𝐯𝐚𝐝𝐠𝐢̄𝐭𝐚̄

भगवद्गीता

𝐈𝐥 𝐂𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐃𝐢𝐯𝐢𝐧𝐨

direzione artistica Luigi Dadina e Lanfranco Vicari